Eugenio Carmi

(Genova, 1920 – Lugano, 2016)

Eugenio Carmi, nasce a Genova il 17 febbraio 1920. Dal 1938 è in Svizzera, prima a Zug dove termina gli studi classici in un collegio italiano e poi a Zurigo, dove rimane no alla ne del conflitto mondiale e dove si laurea in chimica al Politecnico Federale. A Zurigo entra in contatto con fermenti culturali e artistici, e qui inizia ad amare l’opera dei maestri dell’astrattismo del ‘900. Insieme a un gruppo di studenti espatriati, fonda il circolo Piero Gobetti. Tornato in Italia dopo la ne della Guerra riprende gli studi artistici, a Genova sotto la guida dello scultore Guido Galletti (1946) e a Torino come allievo di Felice Casorati (1947-1948). Segue la lezione casoratiana fino all’inizio degli anni ’50, quando la sua pittura passa dal figurativo all’informale, affiancando alle tele i collages e le carte. Nel 1945 conosce la giovane artista Kiky Vices Vinci, nata a Napoli e cresciuta a Genova. Con Kiky condivide subito passioni letterarie, cinematogra che e soprattutto l’amore per l’arte e la pittura. Si sposano nel 1950 e nel ’56 si trasferiscono, con la prima glia Francesca, a Boccadasse, borgo di pescatori nella periferia di Genova, dove nascono Antonia, Stefano e Valentina. Qui apre il suo primo studio di pittura, mentre contemporaneamente lavora come grafico pubblicitario e diventa membro dell’Alliance Graphique Internationale (1954). Lungo tutta la sua carriera artistica, la pittura rimane una costante ininterrotta, una necessità a cui Carmi non può e non vuole sottrarsi. Quotidianamente è nel suo studio, dividendo le sue giornate tra la pittura e gli altri impegni professionali cui si dedica, comunque, con entusiasmo trainante. Dal 1956 al 1965 è responsabile dell’immagine per l’industria siderurgica Cornigliano-Italsider. Carmi, responsabile di tutta l’immagine dell’azienda, porta in fabbrica l’arte contemporanea, coordinando importanti operazioni visive e culturali. In quel periodo il ferro e l’acciaio diventano per lui un forte stimolo artistico: nel 1958 Gillo Dores organizza la sua prima mostra personale alla Galleria Numero di Firenze con gli smalti su acciaio. Dal 1960 realizza opere in ferro e acciaio saldati (tra le quali la serie Appunti sul nostro tempo) e dal 1964 le latte litografate. Sono anni di numerose amicizie artistiche e intellettuali (Victor Vasarely, Umberto Eco, Max Bill, Konrad Wachsmann, Furio Colombo, Ugo Mulas, Kurt Blum, Emanuele Luzzati, Flavio Costantini…) e di importanti collaborazioni artistiche.

Eugenio Carmi – Piccolo incontro
1997
Olio su tela 30 x 35 cm


Nel 1963 fonda la Galleria del Deposito che, con i multipli (1967-1969) intende proporre un’arte seriale accessibile a un pubblico più vasto. Nel 1966 illustra due favole di Umberto Eco per la casa editrice Bompiani, che saranno poi rieditate nel 1988 con nuove illustrazioni ad hoc, con l’aggiunta di una terza favola e tradotte in tutto il mondo. Nello stesso anno realizza le tavole di Stripsody, progetto musicale sulle sonorità del fumetto ideato e interpretato da Cathy Berberian, rieditato nel 2013 in occasione delle celebrazioni per i trent’anni dalla scomparsa di Berberian.
Tra la ne degli anni ’60 e i primi ‘70, ispirato dall’interesse per la tecnologia, si dedica a sperimentazioni di arte cinetica e audiovisiva e realizza anche i segnali immaginari elettrici che, tra l’altro, saranno al centro di un’installazione provocatoria nelle strade della città di Caorle. È in questa fase che nel 1966 è invitato alla XXXIII edizione della Biennale di Venezia con l’opera elettronica SPCE (struttura policiclica a controllo elettronico), che gli vale anche l’invito da parte di Pierre Restany a partecipare con opere elettroniche alla mostra SuperLund in Svezia. Mentre negli anni ’50 e ‘60 il suo lavoro artistico è spesso strettamente collegato ad avventure e iniziative nel mondo dell’industria e della cultura, nei decenni successivi Carmi si concentra soprattutto nel lavoro presso il suo studio, che ha trasferito a Milano nel 1971. Pur con incursioni in altri campi paralleli, come la realizzazione di specchi e vetrate, la pittura, e sporadicamente la scultura cui si era avvicinato nel periodo dell’Italsider, è al centro della sua attività. Ed è proprio all’inizio degli anni ’70 che approfondisce il linguaggio geometrico, già aperto con alcune esperienze precedenti (i cartelli antinfortunistici per l’Italsider, alcuni multipli per il Deposito e i segnali immaginari elettrici), sostituendolo a quello informale dei due decenni appena conclusi.

Eugenio Carmi – Doppio spiraglio con trasparenza
1999
Olio su tela 80 x 100 cm

Dagli anni ’80 tra le sue tele compare la juta che anticipa il successivo ritorno alla dimensione materica. L’evoluzione della sua arte, con rigore e coerenza, è in continua e graduale crescita. Sempre attraverso un astrattismo geometrico, le sue forme si avvicinano sempre più al rapporto con la spiritualità, attraverso, però, una materia più sensuale e naturale. “Animale eminentemente urbano” lo definiva Umberto Eco nel volume Carmi, una pittura di paesaggio? e fortemente in influenzato dalla realtà industriale. Animale urbano continua a essere nei decenni successivi ma, nelle sue opere più recenti, si compie un ribaltamento. Il fabbricante d’immagini – così si definisce lui stesso – è negli anni recenti in dialogo continuo con la natura, rappresentata dalle sue leggi matematiche.

Il teorema di Pitagora, la sezione aurea sono le sue chiavi per entrare nella natura e celebrarla. Le forme geometriche sono adesso molto più materiche e si riallacciano così alle sue opere informali degli anni ‘50 e ‘60, come in un dialogo circolare. E in questo cerchio ideale non è da sottovalutare la formazione matematica dei suoi anni universitari al Politecnico di Zurigo. Anche in questi decenni scrivono su di lui 213 critici e intellettuali che condividono con lui visioni estetiche e sociali.

Nel corso di questi decenni è costante la sua inclinazione all’insegnamento, cui aveva già avuto modo di appassionarsi negli anni ’60 negli Stati Uniti, alla Rhode Island School of Design di Providence. Nel 1990 il Comune di Milano gli dedica un’antologica presso il Padiglione Rosso dell’Ansaldo, curata da Luciano Caramel, nel 1992 un’altra antologica al Museo Storico del Palazzo Reale di Budapest e nel 1999 espone a Villa Ca’ Zenobio – Treviso nella mostra “Baratella, Carmi, Del Pezzo: Viaggio tra ‘ratio’ e immaginazione” presentata da Giorgio Di Genova e curata da Maurizio Pradella con la partecipazione straordinaria delle Ferrovie dello Stato (la mostra sarà pubblicizzata in oltre 900 stazioni ferroviarie della intera Rete Italiana).

Nel 2000 viene invitato ad esporre sue opere attuali alla Camera dei Deputati a Roma. Nel 2001 viene nominato Accademico di San Luca. Nel febbraio 2015 Palazzo Ducale di Genova gli dedica una grande mostra antologica, con la quale la sua città celebra l’opera artistica e il contributo culturale pluridecennale del maestro. Durante la conferenza stampa, alla presenza di Umberto Eco, il sindaco Marco Doria consegna a Eugenio Carmi le chiavi della Città di Genova. Nella sua lunga carriera ha esposto nelle più importanti gallerie europee e americane, in alcuni musei europei e in diversi Istituti italiani di cultura all’estero. È presente, per la seconda volta, alla Biennale di Venezia nel 2011. Nel 2012 è alla Casa dei Carraresi a Treviso con la personale Il Teorema di Pitagora, mostra presentata da Flaminio Gualdoni e curata da Maurizio Pradella. Ha ricevuto premi e riconoscimenti internazionali per la pittura e per la grafica e negli anni ‘70 ha insegnato presso le Accademie di Macerata e Ravenna.

Negli anni partecipa attivamente a convegni e conferenze internazionali e, per la sua ammirazione e sintonia con il mondo dell’infanzia, è invitato dagli insegnanti delle scuole elementari a parlare con i bambini. Da sue opere originali sono state realizzate acquetinte e serigrafie, spesso commissionate da istituzioni pubbliche e private. Si autodefiniva fabbricante di immagini.